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I castelli di Romeo e Giulietta – Montecchi Maggiore – Vicenza

IMG_20170408_181303.jpgIl Castello della Villa e il Castello della Bellaguardia, popolarmente conosciuti rispettivamente come Castello di Romeo e Castello di Giulietta, sono due manieri nel territorio di Montecchio Maggiore. I manieri di ridotte dimensioni, sono situati l’uno a poca distanza dall’altro, in posizione panoramica e strategica, su una collina che sovrasta Montecchio Maggiore.

Secondo una leggenda diffusasi a metà Ottocento, Luigi da Porto, nello scrivere la sua Historia novellamente ritrovata (che effettivamente ispirò poi Romeo e Giulietta di Shakespeare), si sarebbe ispirato alla vista dei due castelli vicini e opposti, non lontani dalla sua villa di Montorso Vicentino, da cui il nome conferito loro in epoca recente.

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Il Castello della Bellaguardia (detto anche del Costo o “di Giulietta”) è posto sulla sommità del colle a 254 metri s.l.m., ha pianta allungata, quasi rettangolare ma con una rientranza sul lato lungo esposto a nord-ovest, in cui si trova l’ingresso, in una posizione tale da renderne più semplice la difesa: tale porta, ora dotata di una moderna cancellata in ferro, era chiusa originariamente dalla tipica saracinesca a rastrello, che scendeva verticalmente, e da un portone a battenti. Le mura perimetrali sono costruite per fasce sequenziali di muratura in pietre cementate con calce, tra loro separate, orizzontalmente, da corsi paralleli di mattoni. Blocchi di pietra squadrata formano gli spigoli angolari delle mura. Lo stato di secolare degrado, aggiunto alle distruzioni dei primi del Cinquecento, ha fatto sì che strutture di sicura esistenza come le merlature, i cammini di ronda, i beccatelli, o altre la cui esistenza è fortemente probabile, come torri minori poste ai vertici delle mura stesse, non siano giunte fino a noi. All’interno delle mura, a protezione dell’ingresso, si erge la bella torre maggiore (il mastio) in mattoni, alta circa 20 metri, posta su una base quadrata a tronco piramidale costruita in blocchi di pietra lavorata. Nel punto centrale del cortile si trova un pozzo-cisterna che doveva raccogliere attraverso un sistema di impluvio l’acqua piovana, poi filtrata naturalmente dalla ghiaia depositata nel pozzo stesso. Così come per l’altro castello, dovevano in origine esistere alcune costruzioni appoggiate alle mura interne.

Il Castello della Villa (o “di Romeo”) si colloca a 234 metri s.l.m.., a circa trecento metri di distanza dall’altra rocca. Presenta una pianta articolata e un po’ irregolare, a causa del necessario adattamento alla naturale conformazione del terreno, prossimo allo strapiombo roccioso. L’ingresso, posto sul lato sud, era ben protetto dalla torre d’angolo, sporgente dalle mura, munita di beccatelli e caditoie alla sua sommità, ancor oggi visibili. Il mastio, simile a quello dell’altro castello, si colloca al vertice di nord-ovest, con un lato inserito come segmento del muro perimetrale del lato nord: il suo ingresso posto alcuni metri più in alto rispetto al livello del suolo sottostante, così come per il mastio della Bellaguardia, fa pensare alla presenza non più riscontrabile di alcune strutture che dovevano appoggiarsi alla torre e alle stesse mura perimetrali all’interno del castello. Ora al mastio si accede tramite una gradinata realizzata durante i lavori di restauro.

La leggenda di Romeo e Giulietta

Sebbene la patria universalmente riconosciuta di Romeo e Giulietta sia la città di Verona, la funzione dei due manieri di Montecchio (noti, per l’appunto, come “Castelli di Giulietta e Romeo”) può non essere così priva di importanza, nell’ottica almeno dei presupposti artistici che determinarono l’ideazione, l’ambientazione e la stesura della novella. Una leggenda senese sembra essere la fonte più lontana da cui trasse origine la tradizione letteraria che Shakespeare tradusse in una tragedia immortale: fu Masuccio Salernitano (1415-1476) a dare per primo veste letteraria a questa leggenda, con la novella ‘I due amanti senesi’, inserita nel suo Novellino, in cui si narra la fine tragica dell’amore contrastato dei due protagonisti, Mariotto e Ganozza.

Luigi Da Porto (14851529) si ispirò a questa novella per la sua Historia novellamente ritrovata di due nobili amanti apparsa postuma nel 1531 e poi, in altra versione, con il titolo di La Giulietta nel 1539. Mutati i nomi popolareschi del racconto di Masuccio in quelli di Romeo e Giulietta, che tali rimarranno in tutta la tradizione letteraria successiva fino a Shakespeare, Da Porto immagina lo svolgimento della novella a Verona, al tempo della signoria di Bartolomeo della Scala (13011304); fondandosi su un’errata interpretazione della celebre terzina dantesca “Vieni a veder Montecchi e Cappelletti/Monaldi e Filippeschi, uom senza cura/color già tristi, e questi con sospetti” (Purgatorio VI, vv.106-108), egli attribuisce a due nobili famiglie veronesi una violenta rivalità, che si ripercuote tragicamente sull’amore tra i due giovani protagonisti. Nella trama sono già presenti elementi chiave come la rissa, l’uccisione di un cugino dell’amata, perpetrata da Romeo, il bando dalla città di quest’ultimo e la tragica fine di entrambi. Con qualche aggiustamento e poche modifiche alla versione originale del Da Porto, la novella fu ripresa prima da Matteo Bandello, poi da novellieri e tragediografi spagnoli, francesi e inglesi; alle versioni inglesi di Painter e Broocke si accostò direttamente Shakespeare, che le usò da modello per il suo capolavoro, la cui prima rappresentazione risale al 1596.

Luigi Da Porto, uomo d’armi e letterato vicentino (1485-1529), scrisse la novella nella sua dimora di Montorso Vicentino, dove si era ritirato, abbandonando la vita militare in seguito ad una grave ferita al volto, riportata in battaglia durante la guerra della Lega di CambraiMontorso Vicentino dista solo qualche chilometro da Montecchio; dalle finestre di villa Da Porto la vista sulle maestose rocche scaligere doveva apparire, allora come oggi, molto suggestiva: è possibile che tale immagine, di due castelli quasi in contrapposizione tra loro, sia stata di ispirazione all’ideazione della novella, non foss’altro che per l’accostamento tra il nome di Montecchio e quello di Montecchi, attribuito proprio dal Da Porto alla famiglia di Romeo. Se dunque l’ambientazione letteraria è stata comunque da sempre collocata a Verona, si è immaginato che un ruolo non secondario nell’ispirare l’immaginazione poetica del suo creatore abbiano avuto i castelli di Montecchio Maggiore, già di per sé affascinanti e gloriosi per le vicende storiche da essi realmente vissute.

La leggenda che attribuisce le due rocche scaligere alle famiglie veronesi dei Montecchi e Capuleti, facendone le dimore di Romeo e Giulietta, entra con forza nel folclore popolare alla metà dell’Ottocento, cioè in pieno clima romantico, in un periodo in cui molto sentito era il fascino delle rovine medioevali e facile sembrava calare in tali ambienti vicende suggestive e affascinanti.

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