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La cascata delle Marmore – Terni (Umbria)

Cascate delle marmore

La Cascata delle Marmore è una cascata artificiale che si trova nei pressi di Terni (Umbria) creata dagli antichi romani. La sua altezza totale è di 165 m, rendendola la cascata artificiale più alta del mondo.

La cascata è formata da una parte delle acque del fiume Velino (il resto delle acque sono utilizzate per la produzione di energia idroelettrica, dopo aver attraversato il lago di Piediluco vicino alla comunità delle Marmore. Si riversa nella vallata sottostante formata dal fiume Nera. Il suo flusso viene attivato e disattivato, per soddisfare le esigenze dei turisti e della compagnia elettrica.

Il fiume Velino scorre negli altopiani che circondano la città di Rieti. Anticamente alimentava una zona umida della Valle Rieti che si pensava portasse malattie (probabilmente malaria). Per togliere quella minaccia alla città di Rieti, nel 271 a.C., il console romano Manio Curius Dentato ordinò la costruzione di un canale  (il Cavo Curiano) per deviare le acque stagnanti nella rupe naturale delle Marmore. Quella soluzione creò però un problema diverso: quando il fiume Velino era in piena, le sue acque scorrevano attraverso il Nera verso la città di Terni, minacciandone la popolazione. Questo fu motivo di contenzioso tra le due città, tanto che nel 54 a.C. si giunse a porre la questione direttamente al Senato Romano: Rieti era rappresentata da Cicerone, Terni da Quinto Ortensio Ortalo. La causa si risolse con un nulla di fatto, e le cose rimasero così per i secoli successivi.

Con la caduta dell’Impero romano d’Occidente ebbe fine la manutenzione del canale, il che portò a una diminuzione del deflusso delle acque e ad un progressivo impaludamento della Piana Reatina. Dopo varie peripezie, nel 1422 un nuovo canale venne costruito per ripristinare l’originaria portata del fiume (Cavo Reatino o Cavo Gregoriano, per via dell’intervento di Gregorio XII)

Nel 1545 papa Paolo III ordinò la costruzione di un nuovo canale (la Fossa Paolina). Il piano era quello di espandere la Cava Curiana e di costruire una valvola di regolazione per controllare il flusso. Al suo completamento, circa 50 anni dopo (nel 1598), papa Clemente VIII inaugurò la nuova opera e la intitolò a lui: la Fossa delle Clementine.

Nei due secoli successivi la presenza del canale fu problematica per le campagne della vallata sottostante, in quanto spesso il Nera lo allagava. Nel 1787 Papa Pio VI ordinò all’architetto Andrea Vici di modificare i balzi sotto le cascate, conferendo alle cascate l’aspetto attuale e risolvendo finalmente la maggior parte dei problemi.

Nel 1896 le acciaierie di nuova costituzione di Terni iniziarono a utilizzare il flusso d’acqua della Cava Curiana per alimentare il loro funzionamento. Negli anni successivi, gli ingegneri iniziarono a utilizzare il flusso d’acqua per generare elettricità.

Sulle origini della cascata c’è una leggenda,  solitamente raccontata dallo Gnefro. Una creatura fatata, una ninfa di nome Nera, si innamorò del giovane pastore Velino. Per i due era difficile frequentarsi perché appartenevano a due mondi troppo diversi. Giunone, infuriata, trasformò la ninfa Nera in un fiume perché aveva trasgredito le regole che non consentivano l’amore con gli esseri umani. Velino si gettò a capofitto dalla rupe di Marmore credendo che Nera stesse annegando in quelle acque che prima non c’erano. Giove, per evitargli morte certa, durante il volo lo trasformò in acqua, così da salvarsi e ricongiungersi con Nera per l’eternità.

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